La metafora dell’asticella
Per misurare dei livelli di competenza devi avere dei parametri di riferimento, un po’ come il salto con l’asta. L’asticella di base che tutti dovrebbero poter saltare a quell’età, quella che – sollevando l’asticella di qualche centimetro – comunque la maggioranza riesce ancora a saltare. Quella un po’ più complessa e più alta ancora, che salta solo chi si è allenato bene, con costanza, impegno e volontà e infine quella altissima, che supera solo uno, al momento. Perché ci crede, perché si è allenato, perché non s’è perso d’animo, perché ha studiato, perché vi è portato, perché va così con le competenze (e quella linguistica, nella propria e nella seconda lingua è solo una tra queste).
La sfida del misurare competenze per livelli di raggiungimento delle stesse non serve a dire chi è il più bravo ma ad avere lo stato dell’arte della situazione dove un singolo è parte di una squadra (la classe, il tipo di scuola, il territorio, le situazioni socio-economiche, la regione, l’area, l’Italia).
Per attivare strategie di miglioramento per tutti gli alunni e le alunne, perché tutti possano arrivare a saltare asticelle più difficili, ognuno esprimendo il massimo delle sue potenzialità. E per quanti già saltano al massimo, alzare ancora la sua asticella, allenando e guidando il suo percorso verso nuovi traguardi.
Poi magari sbaglio, ma è così che ho provato a stemperare l’ansia da prestazione dei bambini e delle bambine che ho “osservato” questa mattina durante le prove #Invalsi.
Con la metafora dell’asticella.