Social media e comunicazione istituzionale e politica, dove siamo oggi? #Basilicata
La sintesi del mio pezzo è stata pubblicata sulla Gazzetta del mezzogiorno del 24 agosto 2018.
Il piano della comunicazione pubblica, non essendo più monodirezionale con l’avvento dei social, è praticamente sovrapposto anche alla sfera privata, rendendola più complessa da gestire. E questo anche dal lato dei singoli utenti al contempo produttori e fruitori di contenuti: la credibilità della rete comincia a rendere molti timorosi di esporsi, modificandone anche i comportamenti.
Dall’arginare la disinformazione con informazioni verificate, al comunicare il proprio operato, fornendo tutti gli elementi utili, dal dialogare e confrontarsi, al metterci la faccia e al disintermediare agendo direttamente. Con una attenzione certosina alle parole e ai toni, ai contenuti, alle foto e ai video, con allineamento e coerenza tra azioni e parole, tra rappresentazione di se stessi e dell’operato politico e amministrativo, comprensione delle dinamiche, reattività e relazione costante con il potenziale pubblico di cittadini e cittadine che può essere raggiunto da un post, da un tweet e che a sua volta possiede gli strumenti per reagirvi in tempo reale.
Attraverso i loro profili social, anche per quanto riguarda la Basilicata, quasi tutti gli esponenti della Giunta Regionale, del Consiglio, i Sindaci, gli amministratori, partecipano alla narrazione collettiva, fornendo i loro contenuti, rilanciandoli, discutendone, esponendo idee e posizioni, così come i parlamentari lucani. Si annota ancora l’assenza (per scelta) di qualcuno e contestualmente una grande esposizione pubblica di altri, strategie comunicative definite o approcci personalistici. Tutto ciò ha, comunque, il valore aggiunto di rimanere in costante contatto, nel bene e nel male, con il proprio elettorato sui temi di interesse quotidiano e sui problemi concreti.
I social media nella comunicazione politica come nella comunicazione istituzionale giocano un ruolo importantissimo, se non strategico. Il fenomeno social non è altro da noi, immersi come siamo nella perenne, continua, rapidissima evoluzione che caratterizza l’attuale scenario dell’informazione, della comunicazione e dell’interazione via web e non solo. Dei 2,2 miliardi di persone iscritte a Facebook ad esempio, sono 25 milioni gli italiani che visitano il social network quotidianamente, la quasi totalità in mobilità. Un dato che, da solo, fa comprendere quale sia il canale privilegiato per ricevere o fornire informazioni e notizie e contemporaneamente quello che la comunicazione politica e istituzionale dovrebbe presidiare attivamente.
E’ soprattutto via social (Facebook, Twitter, Instagram, Linkedin le principali piattaforme di pubblico dominio, tra le altre) oppure via instant messenger (Whatsapp, Telegram, Messenger ecc.), tra l’altro almeno 4 di esse di proprietà di Facebook stesso, che si è realmente e forse inevitabilmente modificato l’approccio di ogni soggetto (chiunque) oggi abilitato a comunicare senza intermediazione alcuna dal suo telefonino al mondo e contemporaneamente a ricevere dal mondo ogni tipo di stimolo o notizia. Così come è mutato l’approccio del settore pubblico o della politica alla rete sociale, alle notizie vere o fake, alla rapidità di veicolare le informazioni che devono essere immediate, personali e al contempo collettive. I social sono il canale di riferimento per comunicare con i cittadini e le cittadine, precedendo oramai i siti istituzionali, i blog e, soprattutto giornali e TV a cui si dovrebbe demandare comunque sempre l’approfondimento.
Come ottimizzare la comunicazione istituzionale e politica in questo caos mediatico sotto gli occhi di tutti? E’ un tema di cui ci siamo occupati ampiamente già nel 2011 attraverso il “Vademecum “Pubblica Amministrazione e social media” del Formez PA di cui ho avuto l’onore di essere tra gli autori. Nel momento in cui una persona, personaggio pubblico, politico, una Pubblica Amministrazione decidono di essere presenti a presidiare i propri spazi dei media sociali, è necessaria la consapevolezza di essere in pubblica piazza a comunicare “con” il cittadino, non più verso di esso. Oltre a conoscere gli strumenti e le modalità di pubblicazione e diffusione occorre avere competenze relazionali adeguate che possano creare, attraverso i post e i contenuti viralizzabili, nuovi percorsi di avvicinamento e di apertura ai cittadini, lo sviluppo di processi virtuosi di collaborazione, confronto e stimolo alla partecipazione e alla cittadinanza attiva. Nuova partecipazione democratica.
Questo in un mondo perfetto, in cui però, spiace constatare, non siamo più.
La comunicazione social ha preso derive fino a poco tempo fa impensabili, la narrazione politica viene fatta per temi, approfondimenti, argomenti, proposte ma anche parlando direttamente alla pancia degli elettori e non più alla testa, purtroppo utilizzando meccanismi che, quando ben conosciuti dalle parti politiche che li utilizzano (il caso Cambridge Analityca ne ha solo portato a galla qualcuno, come l’uso e l’abuso dei dati degli utenti per altri fini) sono sfociate in vaste comunità di utenti utilizzatori dei social media che sembrano fare dell’attivismo digitale lo sfogatoio di tutta la rabbia sociale relativa alle difficoltà del Paese, combinata con una capacità di assorbimento ed elaborazione dell’informazione molto bassa.
Occorre prenderne atto e, in una ecologia della comunicazione e relazione social che possa tornare ad essere veicolo di partecipazione democratica, essere capaci di narrazioni non populiste ma concretamente rivolte all’ascolto dei problemi che i cittadini ogni giorno pongono, affinché la politica e la buona amministrazione possono mettere in campo gli strumenti per risolverli.