Contro la violenza sulle donne, contro ogni violenza #controlaviolenzasulledonne
“La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci” per citare Isaac Asimov e purtroppo di incapaci e violenti è ancora piena la terra.
Una giornata particolare, il 25 novembre che si tinge di rosso o di arancio un po’ ovunque e che trova sui social terreno fertile di condivisioni e hashtag con cui dire, a gran voce, che siamo tutti contro la violenza sulle donne e che è responsabilità di ognuno, a qualunque livello, far sì che si possa prevenire prima di dover solo curare ferite più o meno profonde e laceranti.
E’ violenza ogni atto fondato sul genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà.
Possesso, violenza fisica e sessuale, ma anche morale, verbale, economica, di predominio, psicologica, culturale, subdola, domestica e sociale. Stalking, stereotipi di genere e schemi mentali maschilisti, che emergono quando e dove meno te lo aspetti. Riassumibile in una frase del tipo: “Io sono io, io sono l’uomo e tu non sei un ca***”
Per ISTAT i casi di violenza sessuale denunciati sono in calo: da 4.800 (2010) a poco meno di 4mila (2015). Sono le violenze sessuali a calare oppure le donne che, dopo uno stupro, trovano il coraggio e la forza di denunciare? Il numero non può dirlo.
Sono le storie, tante, troppe, perchè anche solo una è già troppo, che leggiamo ogni giorno invece a raccontare uno spaccato di società che vede donne, fidanzate, mamme, figlie, sorelle, amiche, colleghe vittime di qualcosa o qualcuno. Che sia una carezza sui capelli o una mano fatta cadere per caso durante un colloquio di lavoro oppure la derubricazione a “signorina” anziché il rispetto dei titoli evetualmente posseduti e del ruolo svolto, oppure sui social nei meandri di gruppi, post, immagini e video all’apparenza “simpatici” dove della donna non vi è alcun riguardo. A cose molto più gravi come la segregazione e la violenza tra le mura domestiche senza che altri sappiano.
Ben vengano le panchine rosse che si moltiplicano nelle città e le sedie lasciate vuote ai convegni all’insegna di #postooccupato. Un pugno rosso nell’occhio di chi passa, a ricordare che qualcuna di noi non potrà più sedersi. Non bastano da sole.
Ben venga parlare, denunciare, non aver paura. E si, ben venga anche sui social scoperchiare episodi, molestie, avances, violenze da parte di chi ha approfittato del suo status di “potere” con una narrazione e partecipazione straordinaria legata all’Hashtag #MeToo e tutta italiana tenuta insieme nel postare dall’hashtag #Quellavoltache
Da una parte c’è la consapevolezza di non dover aver paura di parlarne. La rete e gli strumenti di comunicazione digitale in questo sono potentissimi strumenti per amplificare, coinvolgere, denunciare, raccontare (e purtroppo anche per ricevere violenza verbale e atti di bullismo e stalking, che occorre sempre denunciare).
Dall’altra, c’è che non dovremmo proprio arrivare a parlarne di molestie e violenza perché siamo riusciti culturalmente a cambiare il meccanismo per cui scatta il comportamento violento soprattutto nei confronti delle donne ma anche dei bambini o dei più deboli.
La violenza, se ci pensiamo, fondamentalmente non ha genere.
Prevenzione, strumenti per difendersi, cambio culturale e di passo, solidarietà e luoghi sicuri.
Attenzione ed ascolto. Tanta informazione, aumentando il coinvolgimento e non lasciando sole e nel silenzio le vittime di gesti ed atti insensati.
Abilitarci ed abilitare ad agire, contro la violenza in generale. Nel rispetto della dignità di ogni singola persona, infatti, non c’è donna, non c’è uomo. Che il 25 novembre, allora, e #controlaviolenzasulledonne non rimangano giusto un altro hashtag tra gli hashtag.