#hashtaggami questo…
Dedicato a quelli che riempiono i loro tweet di hashtag, a quelli che non hanno ancora capito a cosa servono, a quelli che l’hashtag è un vezzo. Anzi #un #vezzo.
Immaginiamo di sostenere una conversazione piena di hashtag. Ci riuscireste?
Hastaggami questo, hashtaggami quello, un hashtag per ogni cosa, un hashtag per terminare la frase. L’orticaria che ci prende quando leggiamo tweet con un hashtag ogni 2 parole.
“#Hashtag” with Jimmy Fallon & Justin Timberlake
Prima di riempire il tuo tweet di hashtag, prima di postarlo, chiediti sempre:
‘Se utilizzassi tutte queste parole col cancelletto in una conversazione faccia a faccia, quanto annoierei l’altra persona, da 1 a 10?’
Se la risposta è 11, come immagino…corri ai ripari!
Ne basta uno, un paio, attinenti. Gli hashtag servono soprattutto per tenere le fila di tutti i conversatori e di tutte le conversazioni su un argomento.
Perché associare una parola chiave a un particolare tipo di contenuto, a un evento, un argomento, un tema ben preciso?
Perché possa essere utile a me, per permettere ad altri di seguire, per raggruppare facilmente tutto ciò che è relativo a ciò di cui si parla, per farci uno storify o una tagboard riassuntiva e farlo leggere a chi non c’era, per associare e far associare subito a chi legge ciò a cui facciamo riferimento, per sapere chi ne ha parlato, e per altri mille buoni motivi.
Usiamo gli hashtag con la testa, insomma!
Gli hashtag migliori sono quelli che vengono ricordati e quindi utilizzati.
Tutto il resto è #noia