Scuola: e mi ritorna in mente il Sistema Preventivo…
Nel ragazzo anche il più disgraziato c’è un punto accessibile al bene. Don Bosco
A scuola, nella quotidianità scolastica fatta di aule, banchi, sedie, colleghi ma sopratuttto ragazzini e ragazzine in perenne movimento di muscoli e cervelli, ne succedono tante. A volte rifletto e benedico il giorno, lontano negli anni, in cui questo trattatello pedagogico (di cui riporto alcune parti qui di seguito) si leggeva ma soprattutto si viveva e si applicava con altri ragazzini e ragazzine in altri contesti (che non sono troppo diversi da quelli della quotidianità scolastica). Se non avessi letto e vissuto questo trattatello anni fa, ecco io oggi non saprei in alcune situazioni cosa fare.
Ci sono cose che nessun trattato di pedagogia mi ha insegnato, ci sono cose e comportamenti che non dipendono da studi effettuati e concorsi a cattedra superati, ci sono cose che solo una quotidianità a contatto col mondo giovanile ti fa vedere. E meno male che al di là della cattedrà dietro cui ti puoi sedere, dell’esperienza didattica che puoi avere, dell’utilizzo di tecnologie e tecniche motivanti, in fondo dentro di me riemergono queste cose e quelle parole. Riemergono momenti e situazioni di un passato che mi ha insegnato tanto, non vi sto a dire qui come e perchè, di un coinvolgimento in prima persona in un mondo giovanile, dal basso, partendo dal cortile, dal gioco, dalle situazioni di gruppi di più piccoli da gestire man mano che ti facevi grande tu e dovevi, volevi e potevi dare una mano. Insomma parliamo di cose che ho appreso e interiorizzato tra i miei 15 e 20 anni.
Torniamo alla quotidianità scolastica. Abbiamo a che fare con tanti ragazzini e ragazzine ma anche (ed ovviamente) con i figli dei malavitosi della zona, se non sono figli son nipoti o parenti. Di alcuni il padre o uno zio è dentro, in galera. Addirittura qualcuno non ha più un padre, e non perchè i suoi sono separati. Hanno fratelli, cugini più grandi. Sanno e fanno cose che non dovrebbero nè sapere nè fare. Ma emulano un contesto familiare e sociale in cui sono immersi, nonostante passino a scuola le loro giornate dalle 8.00 del mattino alle 18.00 la sera. Una scuola quindi che in qualche modo li tira fuori dai contesti familiari e sociali per proporre qualcosa di diverso. Una scuola che non sa spesso come gestirli e se li ritrova come piccoli boss che spadroneggiano nei corridoi.
Alcuni di questi soggetti "non facili da gestire" scaricano violenza e prepotenza in tutti i modi, e non basta neanche farli stare più tempo in cortile con un pallone a tirar calci. Non sanno cosa è il gioco di squadra. Tirano calci all’impazzata a dimostrare quanto son forti.
Una sfida vera trovare in questi ragazzi il punto accessibile al bene. E son pochi gli educatori e gli insegnanti che hanno la pazienza di cercare, di vedere se mai esiste in loro il punto accessibile al bene. Ecco, il Sistema Preventivo di Don Bosco è quel trattatello che mi viene in mente in alcune situazioni.
Il sistema preventivo gioca tutte le sue carte educative a partire da quel "punto", per quanto minimale o disagiato o rovinato esso possa essere. Punto di forza per suscitare la volontà di bene, per stimolare verso forme di autorealizzazione positive, autentiche, umanamente degne per sè, per gli altri e per il mondo. Me lo son riletto e condivido qui le parti interessanti. Di quello che succede a scuola avrò modo di raccontare ancora.
In che cosa consiste il Sistema Preventivo e perché debbasi preferire.
Due sono i sistemi in ogni tempo usati nella educazione della gioventù: Preventivo e Repressivo. Il sistema Repressivo consiste nel far conoscere la legge ai sudditi, poscia sorvegliare per conoscerne i trasgressori ed infliggere, ove sia d’uopo, il meritato castigo…Questo sistema è facile, meno faticoso e giova specialmente nella milizia e in generale tra le persone adulte ed assennate che devono da se stesse essere in grado di sapere e ricordare ciò che è conforma alle leggi e alle altre prescrizioni. Diverso, e direi, opposto è il Sistema Preventivo. Esso consiste nel far conoscere le prescrizioni e i regolamenti … e poi sorvegliare …che gli allievi abbiano sempre sopra di loro l’occhio vigile del direttore o degli assistenti, che come padri amorosi parlino, servano di guida ad ogni evento, diano consigli ed amorevolmente correggano, che è quanto dire: mettere gli allievi nella impossibilità di commettere mancanze.
Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione, la religione, e sopra l’amorevolezza; perciò esclude ogni castigo violento e cerca di tener lontano gli stessi leggeri castighi. Sembra che questo sia preferibile per le seguenti ragioni:
…La ragione più essenziale è la mobilità giovanile, che in un momento dimentica le regole disciplinari, i castighi che quelle minacciano. Perciò spesso un fanciullo si rende colpevole e meritevole di una pena, cui non ha badato, che niente affatto ricordava nell’atto del fallo commesso e che avrebbe per certo evitato se una voce amica l’avesse ammonito… Il Sistema Repressivo può impedire un disordine, ma difficilmente farà migliori i delinquenti; e si è osservato che i giovanetti non dimenticano i castighi subiti, e per lo più conservano amarezza con desiderio di scuotere il giogo e anche di farne vendetta. Sembra talora che non ci badino, ma chi tiene dietro ai loro andamenti conosce che sono terribili le reminiscenze della gioventù; e che dimenticano facilmente le punizioni dei genitori, ma assai difficilmente quelle degli educatori…
L’educatore, guadagnato il cuore del suo protetto, potrà esercitare sopra di lui un grande impero, avvisarlo, consigliarlo ed anche correggerlo…Si faccia in modo che gli allievi non siano mai soli…non li lascino mai disoccupati…Si dia ampia libertà di saltare, correre, schiamazzare a piacimento. La ginnastica, la musica, la declamazione, il teatrino, le passeggiate sono mezzi efficacissimi per ottenere la disciplina, giovare alla moralità ed alla sanità. Si badi soltanto che la materia del trattenimento, le persone che intervengono, i discorsi che hanno luogo non siano biasimevoli…
Una parola sui castighi
Che regola tenere nell’infliggere castighi? Dove è possibile, non si faccia mai uso di castighi; dove la necessità chiede la repressione, si ritenga quanto segue:
1. L’educatore tra gli allievi cerchi di farsi amare, se vuole farsi temere. In questo caso la sottrazione di benevolenza è un castigo che eccita l’emulazione, dà coraggio e non avvilisce mai.
2. Presso ai giovanetti è castigo quello che si fa servire per castigo. Si è osservato che uno sguardo non amorevole sopra taluni produce maggior effetto che non farebbe uno schiaffo. La lode quando una cosa è ben fatta, il biasimo, quando vi è trascuratezza, è già un premio o un castigo.
3. Eccettuati rarissimi casi, le correzioni, i castighi non si diano mai in pubblico, ma privatamente, lungi dai compagni, e si usi massima prudenza e pazienza per fare che l’allievo comprenda il suo torto con la ragione…
4. Il percuotere in qualunque modo, il mettere in ginocchio con posizione dolorosa, il tirar le orecchie ed altri castighi simili debbonsi assolutamente evitare, perché sono proibiti dalle leggi civili, irritano grandemente i giovani ed avviliscono l’educatore.…(omissis)
Giovanni Bosco Trattatello scritto nel marzo-aprile 1877
(credits photo critical_cutter999)
È significativo che quei suggerimenti vengano da un religioso. Il sistema preventivo richiede vocazione, impegno, passione, tenacia, fiducia e forza d’animo. Come si può chiedere tutto questo a insegnanti pagati un migliaio di Euro al mese, umiliati dalle istituzioni e dalla società, precari, distratti da obblighi burocratici e gettati in trincea senza preparazione e senza mezzi? Come si può mascherare un’impresa titanica con un lavoro ordinario, il lavoro di insegnante?